Alcuni ricercatori italiani hanno contribuito all’ideazione di un nuovo ventilatore polmonare a basso costo da utilizzare per i pazienti malati di coronavirus ricoverati nelle terapie intensive di tutto il mondo. Si chiama Mvm (Milano Ventilatore Meccanico) e si basa su una tecnologia semplice ma sicura e affidabile, replicabile in tempi rapidi su larga scala e a basso costo: le componenti, infatti, costano poche centinaia di euro. L’apparecchio. che ha bisogno solo di ossigeno (o aria compressa) ed elettricità, è azionabile con semplici istruzioni.
Il progetto Mvm è nato a Milano e sfrutta una filiera di produzione lombarda. Ma la velocità nella realizzazione è stata resa possibile dall’aiuto di decine di ricercatori dai più grandi laboratori di Fisica e delle Università d’Italia, Canada, Stati Uniti, Francia, Spagna, Regno Unito, Polonia, e Germania: tutti al lavoro, giorno e notte, collegati via internet. Decisiva la collaborazione internazionale di Global Argon Dark Matter (Gadm), attiva nella ricerca sulla materia oscura (componente invisibile dell’universo), con esperimenti ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Infn e nei laboratori canadesi di Snolab e Triumf. Fondamentale, infatti, è stato il know how nella realizzazione di sofisticati apparati per la ricerca in fisica, che ha permesso di sviluppare specifiche competenze per la gestione dei gas e di complessi sistemi di controllo, sistemi analoghi a quelli utilizzati nei ventilatori polmonari.
Il progetto si è sviluppato con un sistema di open source e open access, consentendo ai ricercatori di condividere e confrontarsi e scambiare informazione sugli esperimenti fatti, i risultati e gli schemi tecnici, per raggiungere il risultato nel più breve tempo possibile. È proprio grazie a questo scambio continuo di informazioni tra i vari laboratori di ricerca tra Italia, Usa e Canada, che è stato possibile dare vita in poco tempo al Mvm, che non prevede alcun brevetto né licenze esclusive. In altre parole non ci sono, dietro, interessi economici di alcun tipo.
Tecnicamente il Milano Ventilatore Meccanico è l’equivalente elettro-meccanico del ventilatore progettato da Roger Manley nel 1961, ritenuto di grande affidabilità: si basa sulla “possibilità di utilizzare la pressione dei gas emessi dall’apparecchio da anestesia come forza motrice per un semplice apparecchio per ventilazione polmonare nei pazienti in sala operatoria”
Nato dal basso, il progetto Mvm si è diffuso rapidamente arrivando a includere ricercatori di sette nazioni (Italia, Usa, Canada, Francia, Spagna, Regno Unito e Polonia), che per un certo periodo hanno abbandonato le loro attività di ricerca prestando gratuitamente le proprie conoscenze per un progetto senza fini di lucro. Il Mvm ha ottenuto la certificazione di emergenza (EUA, Emergency Use Authorization) per l’uso clinico del dispositivo da parte della Food and Drug Administration (FDA), l’ente certificatore statunitense che rappresenta un punto riferimento a livello mondiale.
Decisivo, nell’analisi dei gas espirati, è stato il lavoro svolto da alcuni ricercatori del dipartimento di Chimica e Chimica industriale dell’Università di Pisa (Tommaso Lomonaco, Denise Biagini e Fabio Di Francesco) e dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr (Pietro Salvo), supportati dal personale della Fondazione Toscana “Gabriele Monasterio” ed in collaborazione con la ditta Sra Instruments.
Ora l’obiettivo è produrre una prima partita di ventilatori, fino a un massimo di 1.000 unità, in ognuno dei tre Paesi coinvolti nel progetto (Usa, Italia e Canada). Appena arriverà la certificazione definitiva e sarà sviluppata la necessaria filiera produttiva, si fabbricheranno diverse migliaia di dispositivi al giorno. Fino a che ce ne sarà bisogno.