Dopo aver ottenuto la certificazione di emergenza, a maggio, dell’americana Fda (Food and drug administration), il ventilatore meccanico ‘semplificato’ – frutto della genialità e delle competenze dei ricercatori italiani dall’Università Bicocca di Monza al Gran Sasso e di un’impresa lombarda (la Elemaster di Lomagna) che hanno riunito un centinaio di scienziati di tutto il mondo – ha avuto il via libera dalla Health Canada, il dipartimento del governo canadese responsabile della politica sanitaria del Paese.
In particolare è stata chiesta la fornitura di 10mila ventilatori meccanici per sostenere la mobilitazione nazionale nella lotta alla pandemia di Covid.
“Questo risultato dimostra la flessibilità e l’ingegno di scienziati che hanno reagito alla crisi modellando le proprie competenze per salvare vite umane – l’orgoglio di Art McDonald, responsabile canadese del progetto Milano Ventilatore Meccanico, professore alla Queen’s University e co-destinatario del Premio Nobel per la Fisica nel 2015 -.
Abbiamo lavorato in collaborazione con fisici, ingegneri e professionisti sanitari di tutto il mondo per lo sviluppo questo dispositivo salvavita”.
Un ventilatore meccanico per le terapie intensive e sub-intensive replicabile in ogni parte del mondo a basso costo (qualche migliaia di euro).
Perché l’aspetto rivoluzionario di questo strumento è il fatto di essere costruito con componenti reperibili facilmente sul mercato, certificati ma non coperti da brevetti, e governato da una centralina che coordina il respiro del paziente.
Il progetto Milano Ventilatore Meccanico – che in Italia ha visto l’alleanza tra università Bicocca, università Statale di Milano, Istituto nazionale di Fisica nucleare, Gran Sasso Science Institute, Consiglio nazionale delle ricerche, e delle università di Bergamo, Pisa e Napoli – rappresenta un caso paradigmatico: da un lato mostra il ruolo fondamentale e il grande impatto che la ricerca di base, con la sua capacità di conoscenza e di innovazione tecnologica, ha sulla società, e dall’altro evidenzia l’importanza della collaborazione internazionale e multidisciplinare per affrontare le grandi sfide dei nostri tempi.
Anche se in Italia, come nel resto d’Europa, la certificazione americana non è riconosciuta, ma occorre il marchio CE in attesa di riconoscimento